Non è sempre scontato trovare chi racconta noi e le nostre convention in modo accurato. Grazie al lavoro di contatti e comunicazione fatti in questi anni, possiamo dire che siamo riusciti a trasmettere il giusto …
Cari amici collezionisti oggi vi parleremo della nostra nave dei sogni… no, non parlermo del Titanic, ma delle nostra amata U.S.S. Enterprise, nella sua nuova veste, ovvero quella apparsa nel primo film della nostra saga …
All’età di 86 anni è venuta purtroppo a mancare Jeri Taylor, un nome ben noto a tutti i fan di Star Trek: Voyager, e non solo. Nata a Bloomington, Indiana nel 1938, la Taylor conseguì …
Se non avete ancora inviato il vostro racconto per il concorso Omega Short, edizione 2025, affrettatevi, la scadenza per l’invio dei racconti è il 19/01/2025. La mail a cui inviare il vostro racconto è: concorso.omegashort@gmail.com. …
Il Club sarà presente con un suo stand (E16) nel padiglione 5, dove troverete anche i creatori di Star Trek Horizon, il gioco di ruolo play by chat, per giocare assieme. Potrete incontrare ufficiali della …
Una promessa è una promessa e come annunciato nella presentazione di Alessandro Rossi che assieme a Jimmy Vee sarà presente alla Reunion 2021 a Riccione dal 5 al 7 novembre 2021, ecco la scheda per partecipare alla convention.
Ricordiamo che la manifestazione è a numero chiuso e quindi affrettatevi se non volete perdere questa astronave…
Domenica 19 settembre ore 18.30 Aperitivo VR MEET THE SPACE
Immersive Room
Evento speciale animato dal conduttore radiofonico Filippo Solibello. L’Associazione Star Trek Italian Club “Alberto Lisiero”, in partnership con Il MeetCafé, promuove un aperitivo con le pietanze più prelibate servite sulla mitica Enterprise mentre nella Sala Immersiva sarà possibile vivere le installazioni Into the (un)known – Light Generators (un’esplorazione del Cosmo ad opera dell’artista e scienziato Giannandrea Inchingolo) e Plexus Universe (un’opera interattiva per giocare con un cielo stellato creando costellazioni, realizzata dal compositore e artista Alessandro Scaglione). Entrambi gli artisti hanno partecipato al progetto S+T+ARTS promosso da MEET.
“Alessandro Rossi iconica voce di Jean-Luc Picard sarà nostro gradito ospite, insieme a Jimmy Vee, durante la Reunion XVII che si terrà dal 5 al 7 Novembre 2021, presso Hotel Mediterraneo di Riccione. A tutti i naviganti ancora un attimo di pazienza e la scheda per prenotare il vostro weekend in nostra compagnia sarà disponibile a breve.
In programma non mancheranno la sfilata dei costumi e la raccolta benefica attraverso i mitici pacchi misteriosi, le conferenze e le ultime notizie su Star Trek in Italia.
Ma conosciamo, con l’aiuto di Wikipedia, Alessandro Rossi, il nuovo ospite della Reunion .
Ha esordito in teatro nel 1976 con la compagnia del Politecnico Teatro di Roma di cui ha fatto parte stabilmente fino al 1980 e lavorando successivamente per il Teatro di Roma, Orchestra Regionale del Lazio, Compagnia Giordana Zanetti, Teatro Stabile di Bolzano e varie altre compagnie italiane e estere con cui ha partecipato a tournée in Canada, Francia e negli Stati Uniti.
Nel 1983 si è avvicinato al doppiaggio che è diventata la sua principale attività, arrivando a prestare abitualmente la voce a moltissimi attori stranieri fra cui, in modo stabile Liam Neeson e Arnold Schwarzenegger e per aver prestato la voce anche a Samuel L. Jackson, Ving Rhames, Michael Clarke Duncan e Patrick Stewart in diverse significative interpretazioni. Ha inoltre doppiato, tra gli altri, Adrian Paul nel telefilm Highlander, Tobin Bell nella saga di Saw (nel ruolo di John Kramer/Jigsaw), Peter Weller e Robert Burke nella trilogia di Robocop, Rodrigo Santoro in 300 e 300 – L’alba di un impero (nel ruolo di Serse), Dolph Lundgren in Rocky IV e Creed II, al personaggio di Zapp Brannigan nel cartone animato Futurama e a Optimus Prime nella saga cinematografica Transformers.
Rossi è inoltre speaker della maggior parte dei trailer cinematografici in circolazione dalla metà degli anni novanta in poi, dopo la scomparsa di Pino Locchi. Per questo motivo è stato scelto da Paola Cortellesi come voce fuori campo per dei trailer fittizi mandati in onda all’interno del suo programma Nessundorma.
A partire dalla seconda metà degli anni novanta, oltre alla carriera da doppiatore, si è cimentato nella direzione del doppiaggio e sull’adattamento dei dialoghi, vincendo diversi premi.
Come attore, ha preso parte al telefilm L’ispettore Coliandro, dove interpreta il ruolo del commissario De Zan; e ha preso parte anche a Suburra – La serie, la prima serie televisiva italiana prodotta da Netflix.
Nel luglio 2012, ha vinto il premio “Leggio d’oro voce maschile dell’anno”.
Correte a informarvi sui suoi lavori al doppiaggio e ne vedrete delle belle.
Anche se abbiamo dovuto spostare la prossima Starcon al 2022, non significa che dobbiamo rinunciare a stare insieme questo autunno; è per questo che il Comitato Organizzatore è lieto di annunciare la Reunion XVII che si terrà dal 5 al 7 Novembre 2021, presso l’amatissimo Hotel Mediterraneo di Riccione.
Ospite della manifestazione sarà Jimmy Vee, attore, burattinaio e stuntman, che negli ultimi anni ha recitato nei film più recenti della saga di Star Wars, tra cui The Force Awakens e The Last Jedi, nel ruolo di R2-D2 succedendo allo scomparso Kenny Baker. Vee è noto anche per aver interpretato una serie di mostri e alieni nella serie “Doctor Who” e nello spin of della stessa “The Sarah Jane Adventures”. Inoltre ha interpretato il ruolo del Goblin in Harry Potter e la Pietra filosofale e in un paio di corti, Harry Potter and the Escape from Gringotts e Harry Potter and the Forbidden Journey, destinati a parchi divertimento americani. Vee ha anche recitato in “Pan – Viaggio sull’isola che non c’è” e Rocketman.
La scheda di iscrizione alla convention sarà disponibile al più presto, nel frattempo per informazioni e novità continuate a seguirci sui nostri profili social o sul nostro sito dedicato alla Reunion www.reunionitaly.it
Nell’articolo pubblicato in queste stesse news il 19 luglio, ad un mese esatto dalla celebrazione del centenario dalla nascita di Gene Roddenberry, abbiamo raccontato l’infanzia, l’esperienza di guerra, i primi lavori, gli esordi nel mondo della televisione e infine lo sviluppo iniziale di Star Trek.
Con l’articolo di oggi intendiamo raccontarvi gli ultimi anni di vita di Roddenberry, dalla fine della prima trasmissione della serie classica fino al grande successo degli anni ’80.
In tutto questo non troverete traccia di analisi approfondite sulla figura del creatore di Star Trek, né sulla sua eredità, salvo qualche breve cenno, per trovare questi approfondimenti vi invitiamo ad iscrivervi allo STIC-AL e seguire le ulteriori iniziative celebrative che verranno ospitate nelle pagine del nostro magazine.
Già nel corso della lavorazione di Star Trek, Roddenberry aveva gradualmente abbandonato la serie, ma anche dopo la sua cancellazione, nel 1969, si sentiva ancora fortemente legato alla fantascienza e se ne identificava malgrado avesse avuto una lunga esperienza nella scrittura di polizieschi e western.
La cancellazione di Star Trek lo mise in grave crisi, sia finanziaria che creativa, gli sembrava quasi di aver raggiunto l’apice della sua carriera di scrittore e che i suoi sogni non si sarebbero realizzati, davanti a lui sembrava prospettarsi una carriera in discesa.
Schiacciato dagli impegni finanziari, e con i debiti dovuti al divorzio dalla prima moglie, cercò di raggranellare qualche dollaro grazie all’aiuto di alcuni suoi vecchi amici. Herb Solow, con cui aveva collaborato in Star Trek, gli offrì 100.000 dollari per realizzare la sceneggiatura di “…E dopo le uccido”, un filmetto diretto da Roger Vadim con Rock Hudson e Angie Dickinson, basato sul romanzo di Francis Pollini “Belle ragazze in fila”. Nel cast figura anche James Doohan. Nello stesso periodo vende la sceneggiatura per un altro film che avrebbe dovuto riguardare delle esperienze paranormali ma finì per raccontare, in una sorta di transfert, le sue esperienze di scrittore prossimo al fallimento. Grazie ad Arthur C. Clarke, altro amico di vecchia data, viene introdotto nel circuito delle convention di fantascienza e tiene qualche corso di fantascienza nelle università. Come materiale da far vedere ai partecipanti, si portava dietro la bobina di “The Cage” e le bobine con i blooper della serie, le poche cose di cui poteva ancora liberamente disporre avendo venduto i diritti di Star Trek alla Paramount che tramite la Gulf+Western aveva rilevato la Desilu.
Tra il 1972 e il 1973, Roddenberry riprende le fila del suo rapporto con la fantascienza, tornando a quel genere al quale sentiva ormai di appartenere. Sono ben 4, infatti, le serie che riesce a vendere a diverse reti. La prima di queste serie, Genesis II, ambientata in una Terra post apocalittica, nasce con l’intento di riuscire a ricreare il successo di Star Trek, che a quel punto, grazie alla syndication stava cominciando a diventare un importante fenomeno culturale. La produzione di Genesis II era partita con le migliori prospettive: Roddenberry aveva scritto una bibbia di 45 pagine proponendo diverse idee che potevano essere la base per delle ottime storie. Il pilota della serie viene trasmesso nel marzo del 1973 con un ottimo successo di pubblico, tanto che vengono richieste altre 4 sceneggiature, con l’intento evidente di mandare in produzione la serie. Ma la CBS fa marcia indietro. Il film “Il pianeta delle scimmie” ha un tal successo, superiore a quello comunque positivo di Genesis II, che la rete decide di puntare sulle scimmie e quindi ne cancella la produzione a favore di una serie basata sul film appena uscito e che si dimostrerà, invece, un totale fallimento venendo cancellata dopo solo 14 episodi.
La seconda serie su cui lavora Roddenberry è Questor Tapes, realizzata in collaborazione con Gene L. Coon, vecchia conoscenza per gli appassionati di Star Trek e vera mente dietro molte delle idee che hanno reso grande la nostra serie. Questa volta la rete è la NBC, che ordina 16 episodi, da mandare in onda dopo Agenzia Rockford, il venerdì sera. L’episodio pilota, trasmesso il 23 gennaio del 1974, ottiene una risposta critica positiva ma la rete chiede che vengano apportati dei significativi cambiamenti, inaccettabili per Roddenberry, che lascia la serie causandone l’immediata cancellazione.
Nel corso del 1974, Roddenberry rielabora, per la ABC, l’idea di Genesis II, realizzando un secondo progetto chiamato “Pianeta Terra” (Planet Earth). Viene realizzato un episodio pilota, trasmesso nell’aprile del 1974, con risultati non proprio soddisfacenti. Anche in questo caso l’idea di Roddenberry non collima con le esigenze della rete e ancora una volta viene allontanato dalla serie. La rete proverà a rielaborare nuovamente il materiale trasformandolo nell’episodio pilota “Strange New World” (titolo preso direttamente dall’incipit di Star Trek) ma per la terza volta senza poi portare in produzione la serie.
Non migliore fortuna hanno i successivi tentativi di dare vita a nuove serie. “Magna I”, serie di fantascienza subacquea, in lavorazione per la 20th Century Fox Television, viene cancellata prima ancora di avere una qualche possibilità e analogamente succede al progetto “Tribunes”, un poliziesco fantascientifico su cui Roddenberry lavora per ben 4 anni senza mai riuscire a farlo approdare a qualcosa più di un progetto sulla carta.
Nel frattempo Star Trek stava risalendo la china del successo, da diversi anni ormai si vedevano le avvisaglie di quel grande fenomeno di massa che diventerà in pochissimi anni. Come già sappiamo, infatti, la continua ritrasmissione in syndication della serie ne stava decretando il successo con sempre più persone interessate al prodotto.
Roddenberry aveva venduto i suoi diritti su Star Trek alla Paramount, in cambio di un terzo dei guadagni, che però non erano mai arrivati, anzi la Paramount dichiarò che Star Trek era in perdita di mezzo milione di dollari, ancora nel 1982, ma di questo parleremo più avanti.
Escludendo la famosa convention Star Trek lives! del 1972, il primo segnale concreto che la serie stava risorgendo dalle sue ceneri si ebbe nel 1973. Lou Scheimer, uno dei fondatori della casa di produzione Filmation, aveva cercato fin dalla fine degli anni ’60, con Star Trek ancora in produzione, di realizzare una serie a cartoni animati. Inizialmente pensata sullo stile di quello che oggi è Lower Decks, ma anche di questo avremo modo di parlarne in altri articoli, la serie naufragò prima ancora di nascere a causa della situazione piuttosto tesa che si era creata tra Roddenberry e la Paramount. Nel 1973, però, lo stesso Scheimer riuscì nel suo iniziale intento e coinvolse Roddenberry nella produzione di una serie animata che avrebbe dovuto durare, nelle intenzioni iniziali, diverse stagioni ma che invece si concluse dopo soli 22 episodi e una stagione e mezza. Sebbene Roddenberry fosse pagato per ogni episodio e effettivamente avesse contribuito alla stesura di alcune sceneggiature, la maggior parte del lavoro lo lasciò nelle mani esperte di D.C. Fontana.
Per ragioni di costi, inizialmente solo una minima parte del cast avrebbe dovuto far parte del progetto, e giocando un po’ sporco Roddenberry riuscì a coinvolgere un recalcitrante Nimoy che per converso spinse per riavere l’intero cast. Alla fine, rimase escluso solo Walter Koenig al quale venne offerta, come contentino, la stesura di una sceneggiatura.
Sebbene la serie animata non avesse avuto un grande successo il prodotto Star Trek continuava a raggranellare appassionati e fu proprio la mole di persone, via via crescenti, che continuavano a frequentare le convention (6.000 a New York nel 1973 e 15.000 nel 1974, contro le 4.500 della più importante convention di fantascienza a Washington), che convinse la Paramount ad assumere nuovamente Roddenberry allo scopo di realizzare dapprima un film e successivamente al successo di “Guerre Stellari” una seconda serie di Star Trek, con un cast nuovo unito al cast originale e infine nuovamente un film che uscirà effettivamente nelle sale nel 1979 con il nome di Star Trek: The Motion Picture. Non mi dilungo su questo passaggio della vita di Roddenberry e sul lunghissimo percorso che ha portato dalla serie animata al primo film. Per approfondimenti vi rimando alla serie di articoli denominata Lost Trek e uscita negli Inside 192, 193, 194, 195-196, 198, 199 e New Visions 1 e 2.
Malgrado la convinzione della Paramount, spesso ribadita e citata anche prima in questo stesso articolo, che ancora nel 1982 Star Trek avesse un debito di 500.000 $, il film del 1979 fu un vero e proprio successo al botteghino, e un calcolo che tiene conto dell’inflazione lo pone, attualmente, al terzo posto tra i film più redditizi di Star Trek, dopo il film del 2009 e Into Darkness del 2013. La causa della convinzione espressa dalla Paramount fu l’aver attribuito al bilancio del primo film tutti i soldi spesi su Star Trek dalla metà degli anni ’70 fino alla realizzazione del film stesso, un’operazione di bilancio scorretta sebbene legale.
Forte del successo del primo film, Roddenberry propose un nuovo soggetto alla Paramount: i Klingon volevano contrastare l’omicidio di JFK allo scopo di alterare la storia umana e l’equipaggio dell’Enterprise doveva sventare questo tentativo. La Paramount, consapevole delle difficoltà vissute nella produzione di TMP, decise di rifiutare la proposta di Roddenberry assumendo al suo posto Harve Bennett e lasciando a Gene il ruolo marginale di consulente, ruolo che manterrà per tutti i film prodotti finché è rimasto in vita e che svolgerà fornendo idee e appunti (praticamente mai considerati da Bennett) e rispondendo alle lettere dei fan.
Il continuo aumento dei salari pagati per gli attori principali spinse Frank Mancuso, CEO della Paramount e convinto di avere tra le mani un vero e proprio gioiello, a valutare la possibilità di realizzare una nuova serie televisiva che potesse spostare l’interesse del pubblico dal cinema alla televisione limitando così le aspettative di vedere nuovi e costosi film a favore di un prodotto molto meno costoso e potenzialmente più redditizio. Dopo un iniziale rifiuto, Roddenberry, deluso dalle prime idee messe sul tavolo, decise di accettare e si mise all’opera riscrivendo la bibbia della serie inizialmente redatta da David Gerrold (che abbiamo conosciuto ad una STICCON e noto per essere stato l’inventore dei triboli).
L’iniziale accordo stipulato con la Paramount non prevedeva che Roddenberry dovesse avere il controllo della serie, ma alcune valutazioni di ordine pratico, relative al suo rapporto con il fandom, convinsero i vertici della casa di produzione ad assecondare la richiesta di Gene di assumere il ruolo di produttore esecutivo della serie.
La realizzazione delle prime due stagioni si rivelò estremamente difficoltosa: le tensioni nel gruppo degli sceneggiatori furono tali e tante da causare molteplici licenziamenti e rinnovamenti. Il coinvolgimento sempre maggiore di Rick Berman, imposto dalla Paramount ma in ottimi rapporti con Roddenberry, unitamente al sempre minor coinvolgimento nella produzione di quest’ultimo, permisero di superare l’iniziale periodo burrascoso e lanciare The Next Generation verso quel grande e lungo successo di cui gode ancora oggi.
Colpito da un ictus a settembre del 1989, Roddenberry è costretto su una sedia a rotelle. L’ictus è solo l’ultimo di una serie di problemi di salute che lo affliggevano fin dal 1980 e che sono presumibilmente la conseguenza dell’abuso di droghe e alcool che hanno aggravato uno stato di salute su cui pesavano anche il diabete e la tendenza alla pressione alta. Nel 1991 un secondo ictus gli è fatale. Muore il 24 ottobre.
Nel 1992 una parte delle sue ceneri, a bordo dello Space Shuttle Columbia, compie un volo nello spazio. Nel 1997, una piccola parte, 15 grammi, delle ceneri di Roddenberry, viene caricata a bordo della sonda Celestis che resta in orbita attorno alla terra fino al 2002 per poi disintegrarsi nell’atmosfera terrestre. Era previsto un ultimo viaggio nello spazio profondo, insieme alle ceneri della moglie Majel Barrett, ma il progetto è stato accantonato e per il momento non è dato sapere se e quando le ceneri di Roddenberry raggiungeranno nuovamente, e in che modo, lo spazio.
Anche i giornali italiani parlarono di questi viaggi spaziali.
Dal Corriere della sera del 27 gennaio 2009
LOS ANGELES – Il creatore di Star Trek e la moglie trascorreranno l’eternità nello spazio. L’anno prossimo la società specializzata Celestis manderà in orbita le ceneri di Gene Roddenberry e di Majel Barrett, sua consorte e musa cinematografica, rispettando le loro ultime volontà. Le ceneri della coppia saranno sigillate in capsule speciali, fabbricate per resistere alla permanenza nello spazio, e trasportate da una navicella spaziale assieme ai messaggi (digitali) dei fan.
SECONDO LANCIO – Dopo la morte di Gene Roddenberry nel 1991, la moglie, che ha recitato in quasi tutte le puntate della saga tv spaziale ed era soprannominata la «First Lady di Star Trek», ha incaricato Celestis di inviare parte delle ceneri del marito nello spazio nel 1997. Si pensa tuttavia che la capsula si sia disintegrata rientrando nell’atmosfera. Majel, morta il 18 dicembre scorso a 76 anni, aveva espresso il desiderio che i suoi resti finissero nello spazio assieme a quelli di Gene. Per questo è stato predisposto un nuovo lancio a un’orbita più alta. I resti stavolta «non torneranno mai sulla Terra», ha precisato una portavoce di Celestis, Susan Schonfeld.
La morte di Roddenberry quindi non ne ha decretato la scomparsa ma è stata solo la fine del suo viaggio terreno, non solo le sue ceneri hanno letteralmente preso il volo, ma dalla sua principale creazione, Star Trek, sono nati oramai una quantità impressionante di film e nuove serie televisive, e la saga sta vivendo da un decennio una vitalità che non si era probabilmente mai vista prima. Non solo Star Trek gli è sopravvissuto e sta crescendo ma dopo la sua morte vennero create due serie televisive basate su alcuni dei soggetti che Roddenberry aveva ideato negli anni ’70: Pianeta Terra – Cronaca di un’invasione (Earth: Final Conflict), e Andromeda sono divenute realtà sotto l’egida di Majel Barrett. E una terza idea di Roddenberry è diventata una serie a fumetti intitolata Gene Roddenberry’s Lost Universe.
Anche i premi post mortem sono un significativo segno del giudizio che la posterità ha dato di Roddenberry: Il premio della Space Foundation nel 2002, il “Douglas S. Morrow Public Outreach Award” per i contributi e l’entusiasmo dimostrati verso l’esplorazione spaziale, e nel 2007 Roddenberry è stato inserito nella Science Fiction Hall of Fame, mentre nel 2010 è stato inserito nella Television Hall of Fame.
Già in vita, ma ancor di più dopo la sua dipartita la reputazione di Roddenberry come un visionario futurista ha continuato a crescere. Riconoscimenti al valore delle sue idee sono anche il fatto che un episodio di Star Trek sia conservato presso lo Smithsonian Institute (la prima serie televisiva ad aver ottenuto un tale privilegio), senza nominare il modello dell’Enterprise, conservato sempre presso l’istituto, dove è conservato anche lo “Spirit of St. Louis”, senza dimenticare l’attribuzione del nome Enterprise al primo Shuttle della NASA.
Ma potremmo continuare all’infinito citando quanta tecnologia odierna ha tratto ispirazione dalla tecnologia raccontata in Star Trek o di quanti scienziati lo siano diventati stimolati dalla visione della serie o anche di quanti, nella propria quotidianità, abbiano trovato conforto o stimolo da una storia o un personaggio di Star Trek.
Potete raccontarcelo nei commenti a questo articolo o seguendo lo STIC-AL in tutte le iniziative che continueremo a fare per celebrare la figura di Gene Roddenberry, “Il grande uccello della galassia”
Il 19 agosto del 1921, a El Paso, nasceva Eugene Wesley Roddenberry, per tutti Gene. Per noi trekker noto anche come Il Grande Uccello della Galassia, dalla fortunata intuizione di David Gerrold. Nel centenario della sua nascita lo STIC-AL vuole celebrarlo attraverso una serie di iniziative alcune delle quali avete già potuto incontrarle nelle nostre pagine, nei gruppi o nel magazine… e altre verranno. Il 19 agosto del 2021, però, nel giorno esatto del centenario, vogliamo onorare la figura e la rilevanza del creatore di Star Trek in una live interamente dedicata a Gene Roddenberry, con immagini e video inediti, approfondimenti, interviste.
Apprendiamo dalla rete attraverso startrek.com, che ViacomCBS, per esportare il canale Paramount+ al di fuori degli USA sino in Europa, ha stretto un accordo con SKY (gruppo Comcast) per la distribuzione dei programmi nel Regno Unito, in Italia, Germania, Svizzera e Austria.
Non tema chi non ha SKY, dato che il canale sarà disponibile, a quanto pare, anche attraverso un servizio indipendente tramite le app per smartphone, tablet e televisioni.
Per chi è abbonato SKY, oltre che su SKY Q, avrà Paramount+ nel pacchetto Cinema senza alcun aumento. Chi non ha tale pacchetto potrà richiedere l’attivazione del canale a parte. Probabilmente l’accordo di Paramount per la distribuzione dei propri film su piattaforma che ha in Italia con Amazon Prime verrà rescisso.
Negli USA il servizio permette di abbonarsi a Paramount+ in due modalità, quella più economica e con pubblicità a 4,99$, e quella senza pubblicità a 9,99$ al mese. La versione internazionale sarà diversa da quella americana, che oltreoceano include anche i canali live come CBS cui funge da on-demand, oltre a offrire i live dei canali sportivi locali. Non sono stati annunciati i prezzi previsti per il mercato Europeo.
Tutto questo per arrivare al fatto che la nuova serie a cartoni animati Star Trek: Prodigy sarà distribuita, per frutto dell’accordo qui sopra, su SKY tramite Paramount+. ViacomCBS sta sottoscrivendo altri contratti con altri paesi per la distribuzione del canale fuori dagli USA.
Se per il momento le serie in corso sono confermate sui canali di distribuzione Netflix e Prime Video di Amazon, non si sa ancora nulla su chi distribuirà da noi Strange New Worlds.
Usiamo tanti periodi ipotetici in quanto l’accordo è stato siglato per il 2022 e quindi c’è ancora tempo per ulteriori affinamenti o ampliamenti.
Raccogliamo i pensieri di Daniela De Sanctis dopo l’avventura a teatro fortemente richiesta dal conduttore per uno scambio di vedute sulla saga e la sua visione del futuro.
Il 30 giugno si è tenuta a Roma una serata dedicata allo spazio nella splendida cornice immersa nel verde del Teatro Brancaccino, nell’ambito degli spettacoli organizzati e presenziati da Fabio Canino, ognuno a tema diverso.
In quest’occasione sono stati invitati a rappresentare lo STIC-AL sul palco Emanuela Farronato, Tiziana Bulzone e Claudio Galinta che, in rigorosa divisa, dapprima si sono presentati poi hanno replicato alle curiosità dell’intrattenitore. Hanno raccontato la loro longeva passione per Star Trek e scambiato divertenti battute col conduttore il quale ha altresì dato risonanza al premiato documentario “TREK IT!” di Marcello Rossi e Roberto Baldassari che divulga il fandom trek permettendo anche a chi non ha mai sentito nominare la saga di conoscerla e conoscerci.
A tal proposito, Canino ha sottolineato la difficoltà di trovare proprio degli appassionati se non grazie al successivo ausilio di Marcello Rossi, gentilmente invitato alla serata con la sottoscritta. Infatti, come tutti sappiamo, senza l’avvento di Internet o visitando fiere, vedendo episodi in famigerati orari notturni e via discorrendo, era stato arduo individuare un club di riferimento figuriamoci scoprire e con stupore altri appassionati! Il presentatore ha rimarcato l’inclusione della serie, che l’equipaggio di ogni nave stellare è formato da personaggi di molteplici etnie e che, nonostante le varie avventure e complicazioni, regni l’ottimismo cosa che lo ha fatto riflettere e chiedere da dove derivasse questa positività. La nostra risposta, singolarmente o come rappresentanti del club, è nella filosofia dello stare insieme, del confrontarsi, di conseguire il medesimo traguardo, di considerarsi una grande famiglia a dispetto dell’eterogenea quotidianità e delle naturali differenze caratteriali. Lunga vita allo STIC-AL!
Sulla prossima pubblicazione del club un articolo a cura di Marcello Rossi che mette in risalto ulteriori aspetti della serata.
Quest’anno ricorre il centesimo anniversario della nascita di Gene Roddenberry, il Grande Uccello della Galassia, creatore di Star Trek. Anche lo STIC-AL vuole celebrare la ricorrenza, così significativa per il fandom della serie, attraverso alcune iniziative che scopriremo insieme strada facendo.
Iniziamo oggi con un ricordo di Gabriella Cordone Lisiero e un articolo di Claudio Sonego pubblicato nell’Inside 178, in occasione del 50° anniversario di Star Trek, che ripercorre l’infanzia e la giovinezza di Roddenberry e i suoi primi passi nel mondo della televisione.
Quest’anno, il 19 agosto 2021, ricorrerà il centenario della nascita di Gene Roddenberry, ma per ricordarlo voglio partire dal momento della sua morte, il 24 ottobre 1991. Fu un colpo durissimo per il fandom mondiale, e anche in Italia la sua dipartita sconvolse tutti. Ricordo bene quel giorno, quando attraverso la CNN (ritrasmessa da una TV locale) Alberto ed io apprendemmo la notizia e subito facemmo partire il tam-tam telefonico per diffonderla ai Soci dello STIC. Io ero in lacrime! Veniva a mancare il “Creatore”, colui che aveva dato il via a Star Trek, la colonna su cui Star Trek si appoggiava, ma che da tempo non ne era più il creatore effettivo: il sesto film, “creatura” di Harve Bennett come i quattro precedenti, era ancora nelle fasi di post produzione e Gene non lo vide mai finito. The Next Generation era ormai saldamente nelle mani di Rick Berman e Michael Piller. Ma nonostante Gene fosse ormai quasi “in disparte”, lui restava sempre il Creatore, il “Grande Uccello della Galassia”, colui che aveva plasmato la filosofia che era il cuore della saga. E proprio alla sua stessa nascita, dichiarò di dovere l’idea di Star Trek. Nel 1976 registrò “Inside Star Trek”, un disco di vinile che comprendeva interviste e aneddoti e tra le varie cose che disse nel disco, dichiarò “Penso che Star Trek sia nato dal fatto che da bambino ero diverso, handicappato. […] Una parte di Star Trek fu scritta da quel bambino, che sognava probabilmente come voi un mondo migliore in cui la gente guardasse al di là dell’aspetto esteriore e vedesse la bellezza che è dentro di noi”. E continuava… “La realtà è incredibilmente più grande, infinita ed eccitante dei veicoli di carne e sangue in cui viaggiamo qui. Se leggete fantascienza, più leggete e più vi rendete conto che voi e l’universo siete parte della stessa cosa. […] Voi siete visitatori qui in questo momento, viaggiatori. […] Il vostro passaporto vi permette di riparare quello che potete, di amare, di rifiutare di prendere parte alle brutture […] non siete qui per giudicare, ma per provare e accumulare esperienze. […] In un viaggio come questo, ed è un viaggio, la bellezza non sta nel fatto che le persone siano simili, ma proprio nel fatto che siano tutte incredibilmente differenti”. Riascoltare queste parole pensando che sono state scritte da chi, oggi, avrebbe potuto avere 100 anni, è un’esperienza incredibile. Soprattutto quando dice: “Credevamo che la massa dei telespettatori, spesso ridicolizzata, fosse stufa dei meschini nazionalismi di questo mondo e credevamo che la gente non solo volesse, ma fosse ansiosa di pensare al di là delle insignificanti opinioni che hanno tenuto l’umanità divisa per tanto tempo. L’ingrediente magico che molte persone continuano a cercare e molti continuano a mancare non è realmente in Star Trek, è nei suoi spettatori”. Le parole di Gene Roddenberry valgono ancora oggi, ed è questo che fa di lui un “visionario” che professa la sua incrollabile fede nell’umanità, nelle persone. Perciò voglio concludere questa breve introduzione con quel che scrivemmo nel 1991 sul numero 39 dell’allora fanzine, per commemorarlo: “Il suo spirito e il suo sogno saranno sempre con noi, ed è per questo che crediamo che la cosa più giusta da fare per ricordarlo sempre sia continuare a portare avanti il suo sogno, cercando di condividerlo con un sempre maggior numero di persone”. Il sogno di un mondo con mille sfumature di colore, che si avvicinerà sempre di più man mano che noi, i trekker, continueremo ad amare Star Trek e a ricordarne il Creatore: Gene Roddenberry.
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Nella storia della TV degli Stati Uniti c’è un periodo che viene chiamato the Golden Age, ovvero l’età aurea. Va grossomodo dall’inizio degli anni ’40 all’inizio degli anni ’60. Fu effettivamente un periodo d’oro grazie soprattutto alle prime grandi serie televisive: Alfred Hitchcock presenta o Ai confini della realtà, ad esempio. Si tratta di serie che fissarono uno standard qualitativo altissimo e che appassionarono milioni di telespettatori cambiando anche le abitudini e i costumi degli americani.
Tre erano i grandi network televisivi americani che si contendevano il primato nelle televisioni degli americani: CBS, NBC e ABC. Nel corso degli anni ’60 la televisione visse anche il suo primo momento di crisi e questi grandi colossi dovettero cercare nuove strade. Su una di queste vie incontriamo Gene Roddenberry.
Ma facciamo un passo indietro perché il percorso che lo ha portato alla TV è lungo e affascinante.
Eugene Wesley Roddenberry Jr. nacque il 19 agosto del 1921 a El Paso, in Texas da Eugene Edward Roddenberry e da Caroline Goleman. Il padre, all’epoca, lavorava come operaio nel settore elettrico ma ben presto, alla ricerca di un’occupazione migliore, si trasferì a Los Angeles dove trovò lavoro nel Dipartimento di Polizia della città, inizialmente come ausiliario e pochi mesi dopo come poliziotto a tutti gli effetti, un lavoro che continuò a fare per i successivi 20 anni.
L’allargamento della famiglia, con la nascita del fratello Robert e della sorella Doris, impose al padre l’acquisto di una casa in Drew Street in cui Gene per poco non perdette la vita a causa di un incendio scoppiato durante la notte. Solo grazie all’aiuto di un lattaio di passaggio la famiglia si salvò. Il padre di Gene, per arrotondare lo stipendio, allevava conigli, che i suoi figli vendevano davanti alla porta di casa. Proprio questi conigli furono l’oggetto del primo lavoro di scrittura pubblicato da Gene nel semestrale della sua scuola: L’Asso.
Fin dall’infanzia, dunque, Gene dimostrò interesse per la scrittura, stimolato anche dalle letture di quegli anni: riviste pulp, le storie di John Carter di Marte, Tarzan e la serie Skylark scritta dall’autore di fantascienza Edward Elmer Smith.
Nel periodo della grande depressione sia lui che i suoi fratelli trovarono dei piccoli lavoretti. Gene, in particolare, consegnava i giornali durante la settimana mentre il sabato, la domenica e nel dopo scuola lavorava in una stazione di servizio.
In ogni caso, grazie soprattutto al lavoro stabile del padre, quegli anni non furono difficoltosi come per molti americani e, anzi, la famiglia Roddenberry aiutò parenti ed amici in difficoltà economiche fornendo loro del cibo. Il giovane Gene, dopo aver completato gli studi superiori, si iscrisse al Los Angeles City College dove assunse anche il ruolo di Presidente nel club della Polizia scolastica. Ben presto sviluppò un certo interesse per l’ingegneria aeronautica ottenendo il brevetto di pilota grazie al programma di formazione dell’Aviazione Civile. Nel giugno del 1941 ottenne il diploma universitario in Scienze della Polizia scegliendo però di arruolarsi nella vicina base aeronautica March.
Pochi mesi dopo, l’attacco giapponese a Pearl Harbour cambiò drasticamente il suo destino.
Cieli del pacifico, anni ’40, Seconda Guerra Mondiale.
Si affrontano i piloti americani e quelli giapponesi in una delle più sanguinose battaglie aeree della storia. Ai piloti che riescono a distinguersi con merito in questa tragica pagina di storia vengono assegnate massime onorificenze. Infatti, nell’estate del 1944 alcuni piloti appena congedati ricevettero la Distinguished Flying Cross1, medaglia istituita nel 1927 per premiare le imprese di Charles Lindbergh.
Tra i piloti premiati c’era anche il capitano Eugene Roddenberry.
Terminata la guerra, Roddenberry, a soli 24 anni, cominciò una seconda carriera come pilota civile per la Pan American World Airways, inizialmente di stanza a Miami e successivamente a New York, per volare sulla rotta New York – Johannesburg o Calcutta, ossia i due percorsi più lunghi della Pan Am in quel momento.
Fu in quel periodo che, durante un volo per Istanbul, Roddenberry si distinse per un’azione di salvataggio. L’aereo sul quale stava volando precipitò nel deserto siriano. Malgrado due costole rotte, Gene cominciò a evacuare i passeggeri, tra i quali c’era anche la Maharani (ovvero la moglie del Maharaja) di Phaltan, traendoli in salvo dalle fiamme che stavano divorando il mezzo e che avevano raggiunto anche alcuni uomini e donne che Roddenberry estrasse comunque dalle fiamme usando dei cuscini. Camminando nel deserto per 4 miglia raggiunse la vicina città di Mayadine da dove riuscì a chiamare aiuto.
Per l’opera di soccorso da lui prestata ottenne una lode, insieme ad altri due eroici passeggeri, per la “dedizione al dovere, la calma e l’efficienza dimostrate durante la difficile e pericolosa esperienza”. Roddenberry successivamente affermò di aver vissuto un’esperienza di premorte e che questa gli fece aumentare il desiderio di avere dei figli. Non a caso la moglie Eileen, con cui viveva a River Edge, nel New Jersey, rimase incinta della loro prima figlia: Darleen Anita, nata il 4 aprile del 1948. Dopo l’incidente Roddenberry continuò a volare per la Pan Am malgrado i timori che questo aveva suscitato nella moglie, ma un secondo incidente determinò la decisione di Gene di abbandonare la carriera di pilota per dedicarsi a quella di scrittore, che comunque aveva continuato a coltivare negli anni successivi alla guerra.
Dopo alcuni lavoretti fatti per sbarcare il lunario decise di seguire le orme paterne arruolandosi nel Dipartimento di Polizia di Los Angeles. In pochi mesi passò dalla gestione del traffico al giornale della Polizia con il compito di scrivere comunicati stampa e insegnare la sicurezza stradale. Diventato amico del vicecommissario William H. Parker, ex collega del padre, ne divenne anche l’autore dei discorsi.
“Mi sono licenziato dalla Pan Am nel 1948 e con la mia famiglia mi sono trasferito in California. Non avevo molte altre prospettive e così ho seguito le orme di mio padre e mi sono arruolato nella polizia di Los Angeles, ci sono rimasto otto anni. Durante quel periodo la polizia di Los Angeles era coinvolta in un’attività di consulenza per alcune serie televisive criminali. Iniziai così a collaborare adattando casi reali forniti da colleghi e amici per alcune serie, con la paga di cento dollari a puntata”.
In questo modo Gene Roddenberry iniziò la sua carriera di sceneggiatore televisivo.
Era un piccolo lavoro, però ben fatto e preciso che gli permise di ottenerne degli altri.
È in quegli anni che cominciò a gettare le basi di quello che diventerà Star Trek oltre dieci anni dopo.
Sembra, infatti, che il comportamento razionale e non emotivo del Numero Uno prima e di Spock poi sia basato proprio sull’atteggiamento del vicecommissario Parker.
Nel suo nuovo ruolo di scrittore della Polizia lavorò fianco a fianco con Don Ingalls, che avrebbe scritto per Star Trek anni dopo: “L’alternativa” e “Guerra privata” con lo pseudonimo di Jud Crucis. Tra gli incontri fatti in quell’intenso periodo ci fu quello con un importante autore. Iniziò, infatti, una corrispondenza audio con Erle Stanley Gardner, creatore dei romanzi di Perry Mason.
Nel corso delle loro lettere registrate i due si scambiavano pareri sul lavoro di Harry Steeger, autore ed editore di letteratura pulp degli anni ’30, nonché sui principi della legge americana.
Grazie a questa condivisione di opinioni Gardner cominciò a chiedere il parere di Roddenberry sul proprio lavoro.
All’inizio degli anni ’50 Gene iniziò a collaborare con la serie radiofonica e televisiva Dragnet basata su storie vere della Polizia di Los Angeles, e finalmente nel 1953, pochi mesi dopo la nascita della sua seconda figlia, Dawn Allison, presentò la sua prima sceneggiatura, firmata con lo pseudonimo di Robert Wesley, ottenendo di lì a poco anche l’autorizzazione dal Dipartimento di Polizia di poter svolgere un secondo lavoro, come sceneggiatore freelance.
La sua carriera nella Polizia raggiunse l’apice nel 1954 quando ottenne il grado di Sergente.
In quell’ultimo periodo di lavoro continuò a scrivere sceneggiature e strinse amicizia con Wilbur Clingan, dal cui cognome, anni dopo, ricavò il nome della razza Klingon. “Il mio primo vero lavoro televisivo è stato come consulente per Friedrick Zieve nella serie Mr. District Attorney nel 1954. Quell’esperienza mi ha dato una grande iniezione di professionalità e mi ha consentito di costruirmi una buona rete di contatti. L’anno dopo scrissi su commissione il pilot di una serie di fantascienza The Secret Defence of 117. Fino a quel momento, però, il mio genere preferito, quello che sognavo di scrivere, era il western. Ero un grande fan di Bonanza. Con quell’esperienza le cose cambiarono, e inoltre potei dare le dimissioni dalla polizia per fare lo sceneggiatore a tempo pieno”.
The Secret Defence of 117, serie in cui lavorò anche Ricardo Montalbán, mostrò in maniera chiara quale fosse il genere in cui la scrittura di Roddenberry riusciva meglio: la fantascienza. Dimessosi dalla polizia di Los Angeles, Gene cercò di scrivere una sceneggiatura per una serie di fantascienza di successo. Nel contesto della Golden Age americana, però, non era un’operazione semplice.
A dominare la scena del momento erano infatti le serie di ambiente ospedaliero o quelle di impronta giudiziaria o poliziesca nelle quali spiccava lo straordinario successo di Perry Mason.
Anche le TV locali, come la ZIV per cui lavorava Gene Roddenberry, tentavano di saturare il palinsesto con prodotti di quel genere. Star Trek era ancora lontana.
Sul finire degli anni ’50 scrisse sceneggiature per diverse serie televisive come The West Point Story o Capitaneria di porto. Cercò anche di avere il controllo creativo di una di queste serie ma senza successo. Grazie all’episodio “Elena di Abajinan”, scritto per la premiata serie Have Gun – Will Travel, Gene vinse il Guild Writer Award per la miglior sceneggiatura. Dopo questi primi passi nel mondo della produzione televisiva Roddenberry cominciò a proporre delle serie da lui ideate che però non convinsero le grandi case di produzione, attratte da serie western. Tra le serie su cui lavorò vi fu anche Riverboat, ambientata negli anni ’60 del XIX secolo, in Mississippi. Quando scoprì che la produzione era contraria ad avere persone di colore tra i personaggi, Roddenberry discusse talmente tanto che perse il posto di lavoro.
West Point, scritta sempre da Roddenberry, andò in onda sulla CBS tra il 1956 e il 1957 e in seguito sulla ABC nella stagione successiva. Gene era ormai nel giro che contava, sceneggiatore di prodotti medi che riuscivano a riscuotere un successo più che discreto. Rapido e preciso venne cooptato anche per copioni singoli di serie già avviate come La Pattuglia della Strada, Have Gun – Will Travel, The Jane Wyman Show, Bat Masterson e altre.
Nello stesso periodo valutò anche la possibilità di trasferirsi in Inghilterra; questa possibilità sfumò però velocemente ma ebbe una importante conseguenza: la Screen Gems, società sussidiaria della Sony Pictures Entertainment, gli offrì il ruolo di produttore per la serie The Wrangler come conseguenza dello sfumato contratto inglese. Questo passo in avanti gli permise di portare finalmente a termine la produzione di un episodio pilota per una serie, mai andata in produzione, intitolata Wild Blue. I tre personaggi principali si chiamavano: Philip Pike, Edward Jellico e James T. Irvine tre nomi che ritorneranno nella storia di Star Trek.
Mentre lavorava per la Screen Gems conobbe una giovane attrice, che gli scrisse per chiedere un incontro, la donna si chiama Majel Lee Hudec più tardi conosciuta come Majel Barrett.
Roddenberry propose un’ulteriore serie televisiva intitolata 333 Montgomery, con protagonista un avvocato interpretato da DeForest Kelley.
La serie non riuscì ad andare in produzione ma venne riscritta con il titolo Defiance County.
Questo cambiamento gli procurò dei seri problemi con l’amico di vecchia data Gardner, l’autore di Perry Mason citato poc’anzi, che lo accusò di aver plagiato il suo personaggio Doug Selby. La serie, in ogni caso, non andò oltre l’episodio pilota.
Roddenberry progettò, allora, una nuova serie ambientata in un dirigibile che girava per il mondo, basato sul film del 1961 Il padrone del mondo. Anche in questo progetto si ritrovano alcuni elementi caratteristici familiari a noi trekker, infatti l’equipaggio del dirigibile è una compagine multietnica.
Insomma, il lavoro non mancava, il ritmo anzi era altissimo. Ma Gene trovò il tempo per continuare a coltivare il suo sogno, una serie interamente concepita da lui.
“La mia aspirazione più alta era quella di realizzare una serie che fosse veramente mia, sulla quale avere il controllo totale, possibilmente di fantascienza.
Era difficile per i tempi. Per diverso tempo provai a buttar giù idee per un concept fantascientifico, queste però venivano sistematicamente rifiutate, così intanto, per rafforzare la mia posizione, scrissi la traccia per una serie di ambientazione bellica. Si intitolava Lieutenant. Fu realizzata e andò in onda per due anni dal 1963 al 1964”.
Dopo tanti tentativi infruttuosi finalmente una sua proposta andò in porto. Nel 1963 venne messa in onda la serie The Lieutenant che vedeva tra gli autori Gene Coon, il direttore del casting Joe D’Agosta nonché attori come Leonard Nimoy, Majel Barrett e Nichelle Nichols con la quale Gene intrecciò anche una breve relazione.
The Lieutenant andò in onda per una stagione sola ma con buoni ascolti ed ottenne vasti consensi. Non solo, Gene supervisionò l’intera produzione ed ebbe l’ultima parola su tutto rafforzando la sua funzione di produttore. Questo fatto gli permise di avere contatti con vari tipi di professionisti che gli sarebbero tornati utili in seguito. In altre parole, da aviatore con la passione per la scrittura era finalmente diventato uno sceneggiatore televisivo professionista.
La serie venne scritta anche con il sostegno del Pentagono, che permise alla produzione di girare all’interno di una base dei Marines.
Il sostegno del Pentagono venne ritirato dopo una serie di scontri su diverse trame, allorquando Roddenberry propose una trama nella quale un bianco ed un nero trovano una causa comune nell’essere entrambi dei Marines. La serie, come scritto, non venne rinnovata per una seconda stagione ma l’episodio dei due marines verrà successivamente conservato nel Museo della Radio e della Televisione di New York.
L’ultimo sogno da realizzare a quel punto era l’esplorazione dello spazio. Gene Roddenberry aveva sempre amato il western e, nella sua idea, una grande storia di fantascienza doveva fondere elementi futuristici con altri classicamente western: mescolando alcune idee già abbozzate, aggiungendo un personaggio alla Horatio Hornblower e shakerando il tutto in un contesto fantascientifico, presentò infine una bozza di sceneggiatura in sedici pagine, ne inviò tre copie alla Writers Guild of America e lo intitolò, provvisoriamente, Wagon Train to the Stars.
Immaginò, in un futuro remoto, un’astronave concepita per esplorare pacificamente lo spazio e incontrare le popolazioni aliene, costruita per difendersi e non per attaccare. La NBC si dimostrò interessata al progetto. Così il 27 novembre 1964 agli studi della Desilu in California, la produzione dell’episodio pilota ebbe inizio. Il titolo nel frattempo era cambiato, la serie era diventata Star Trek e l’episodio pilota sarebbe stato “The Cage”.
La trama di “The Cage”, che in Italia si intitolerà “Lo zoo di Talos”, è questa: anno 2254, l’Enterprise, diretta verso una base stellare per operazioni di routine e per la riparazione dei danni subiti durante l’esplorazione di Rigel VII, riceve una chiamata di soccorso proveniente da Talos IV, nei cui pressi la Columbia è scomparsa diversi anni prima. Durante l’esplorazione il capitano Christopher Pike viene rapito dai Talosiani che cercano di convincerlo tramite illusioni a formare una discendenza con Vina, l’unica sopravvissuta della Columbia.
Ad interpretare Pike, Roddenberry aveva chiamato un attore di sua conoscenza, Jeffrey Hunter.
Questi era stato tra gli interpreti principali di film come Sentieri selvaggi e Il giorno più lungo ed era stato Gesù ne Il re dei re. La sua performance nei panni di Pike, tuttavia, non fu eccezionale e la NBC sembrò concentrare le sue critiche proprio sul personaggio del capitano.
“Molte cose non piacquero alla NBC, molte critiche furono indirizzate al capitano Pike che veniva ritenuto un personaggio scialbo e con poco appeal, non fu certo colpa di Jeffrey anche se certo quella non fu una delle sue performance migliori”.
La NBC bollò il pilot come eccessivamente cerebrale; eppure, i dirigenti del network televisivo non rimasero certo indifferenti davanti all’incredibile immaginario creato dalla fantasia di Gene Roddenberry.
Così venne trovata una soluzione decisamente atipica: realizzare un secondo episodio pilota aggiustando il tiro su alcuni elementi. Nel nuovo pilot che Roddenberry scrive il capitano si chiama James Kirk, un personaggio destinato a segnare la storia della TV in tutto il mondo.
Ora perché un personaggio funzioni è scontato che ci debba essere un attore con un volto ed una personalità adeguate. Per Roddenberry non fu un’impresa semplice. Iniziarono provini su provini, poi un giorno il padre di Star Trek andò a teatro, a New York.
In uno dei teatri di Broadway, Roddenberry andò a vedere Il mondo di Suzie Wong pièce teatrale di Paul Osborn tratta da un romanzo di Richard Mason.
Da poco più di un anno, tra l’altro, ne era stato tratto un film con William Holden. Proprio nella parte che Holden interpretò sul grande schermo, quella dell’architetto Robert Lomax, Gene vide un giovane attore che lo colpì moltissimo.
Non aveva niente di particolarmente straordinario, aveva però un volto molto espressivo nel quale gli sembrò di cogliere un’autorevolezza disinvolta e allo stesso tempo fragile, che sarebbe stata perfetta per il suo capitano. Gene non ne conosceva il nome, si informò subito e al termine dello spettacolo si adoperò per contattarlo.
Il nome di quell’attore, che avrebbe dato un contributo fondamentale nel trasformare in realtà il sogno di Gene Roddenberry, era naturalmente William Shatner.
Forse per questa sua austerità di fondo, la prima produzione americana alla quale partecipò fu decisamente impegnata: I fratelli Karamazov, al fianco di Yul Brinner nel 1958, un ruolo minore come minori furono i successivi ruoli che Shatner riuscì a ottenere al cinema. Meglio gli andò con la televisione e fu reclutato in diverse serie TV, tra cui anche la celebre Alfred Hitchcock presenta. Il successo maggiore della fase giovanile della sua carriera, però, Shatner lo ottenne a teatro, proprio con Suzie Wong.
Fu il trampolino che lo proiettò verso il grande successo e lo lanciò nello spazio verso l’ultima frontiera. “Spazio ultima frontiera, eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”.
È un incipit inconfondibile che tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita, e introduce tutte le puntate della Serie Classica di Star Trek; subito dopo prende la parola il capitano Kirk.
Gli episodi della Serie Classica, infatti, iniziano generalmente con la voce del capitano che registra le sue annotazioni sul diario di bordo dell’astronave Enterprise, citando sempre la data astrale. Quello del diario di bordo è un espediente per far entrare subito le storie nel vivo dell’azione e per sintetizzare lo svolgersi di eventi poco importanti ai fini dell’azione nel corso delle puntate. La trovata della datazione astrale invece, a detta dello stesso Roddenberry, dovrebbe avere la funzione di straniare gli spettatori proiettandoli in una dimensione completamente ignota in un futuro remoto dove tutto può accadere, per ottenere l’effetto della completa e totale sospensione dell’incredulità. Queste sono alcune delle caratteristiche del secondo episodio pilota che Gene Roddenberry recapitò alla NBC nel febbraio del 1966 dopo oltre sei mesi di lavoro.
Il titolo dell’episodio era “Where No Man Has Gone Before”, “Oltre la galassia” in italiano. La struttura è decisamente diversa dal tentativo precedente: più azione, più ritmo, personaggi completamente cambiati. L’unico personaggio ad essere mantenuto è quello del signor Spock, interpretato da Leonard Nimoy. La NBC lo riteneva anomalo, diverso, quasi satanico. Aveva spinto per eliminarlo fin dal primo episodio pilota, Roddenberry però si era opposto e la spuntò; col senno di poi è evidente che fece bene: Spock è stato uno dei personaggi chiave per il successo della serie. La vera scelta vincente, però, si rivelò essere quella di Shatner nei panni del capitano Kirk. Innanzitutto, il nuovo personaggio venne disegnato da Roddenberry con molte sfumature più affascinanti rispetto al predecessore Pike. Kirk vive di equilibri intensi di forza e fragilità, equilibri che Shatner riesce a comunicare alla perfezione. Il sogno di Roddenberry si era realizzato.
La trama del secondo pilot vede l’Enterprise che, seguendo un segnale di soccorso, arriva al confine della galassia dove viene scossa da un potente campo di energia. In seguito a ciò Gary Mitchell, un membro dell’equipaggio, molto amico di Kirk, subisce un forte incremento dei propri latenti poteri di percezione extrasensoriale, iniziando a sentirsi superiore al resto dell’equipaggio e autoproclamandosi divinità. Insieme alla dottoressa Elizabeth Denher, i cui poteri extrasensoriali iniziano anch’essi ad aumentare, Mitchell riesce a fuggire da una struttura di Delta Vega dove il capitano Kirk pensava di poterlo rinchiudere. Kirk, nonostante l’amicizia che lo lega a Mitchell, lo insegue e infine lo neutralizza aiutato dalla stessa dottoressa Denher.
La regia dell’episodio è firmata da James Goldstone, la fotografia da Ernest Haller, che numerosi anni prima aveva vinto il premio Oscar per Via col vento.
I dirigenti della NBC sobbalzarono quando videro il secondo episodio e il piano per la serie che Roddenberry aveva in mente. Compresero subito, infatti, di avere per le mani un prodotto evocativo, visionario, potente.
Una sorta di western spaziale dall’impatto immaginifico straordinario.
Il debutto avvenne l’8 settembre 1966 e fu l’inizio di tre stagioni straordinarie.
Per 79 episodi e tre anni, fino al giugno del 1969, Star Trek si fece lentamente strada nell’immaginario collettivo. Il successo della serie non fu immediato, il pubblico gradiva ma gli indici di ascolto non erano fenomenali, tuttavia divenne immediatamente originale e inedito il rapporto tra la serie e il suo pubblico.
Star Trek è, infatti, la prima serie televisiva per la quale possa essere usato il concetto di fandom. Per fandom si intende una sorta di vastissimo reticolo di fan e sostenitori della serie, una comunità di cultori il cui trasporto va ben oltre la semplice passione.
Nel caso di Star Trek i fan della serie trasformarono fin da subito lo show televisivo in un vero e proprio fenomeno sub culturale. Iniziarono ad organizzarsi in gruppi, fondarono club, pianificarono manifestazioni a tema, spesso in costume, produssero letteratura tematica che approfondiva le questioni della serie catalogando, ad esempio, le molte razze aliene presenti, spiegando la fisica delle astronavi e delle tecnologie usate dai protagonisti. Proliferarono riviste e nacquero fumetti.
Per Star Trek, insomma, dopo la fine della serie nel 1969 iniziò una seconda, straordinaria vita che ne alimentò il successo, come ricorda lo stesso protagonista William Shatner: “È stata una vicenda molto strana e particolare. Per i tre anni in cui è andata in onda, la serie ha riscosso un buon successo, discreto insomma, poi però quando si è conclusa la terza ed ultima stagione è come se qualcosa fosse iniziato, è stato incredibile.
Nelle tre stagioni della serie, Star Trek ha seminato ma i frutti sono germogliati negli anni ’70 in una maniera che nessuno avrebbe mai potuto prevedere”.
Così Gene Roddenberry, l’ex pilota ed ex poliziotto che amava il western e la fantascienza riuscì a concretizzare i suoi sogni. Ma dopo tre stagioni, almeno sul piccolo schermo, per Star Trek calò momentaneamente il sipario.
“Avevamo fatto il possibile per spendere poco, in realtà quest’ottica di basso budget ci ha anche permesso di trovare delle soluzioni che hanno poi fatto la fortuna della serie. L’esempio più celebre è sicuramente il teletrasporto. Fu il tipico esempio di come fare di necessità virtù: realizzare le sequenze di atterraggio dell’astronave su vari pianeti avrebbe richiesto troppo in termini di effetti speciali così come gli attracchi tra nave e nave. Così spingendoci un po’ in là con l’immaginazione ci siamo inventati questo strumento che poi è diventato uno dei simboli di Star Trek”.
In realtà tutta la tecnologia di Star Trek ha un po’ questa matrice. Quello che colpisce, però, è la straordinaria capacità di Roddenberry di prevedere il futuro e di capire, quasi come un Jules Verne delle serie TV, in che direzione si stesse evolvendo il progresso tecnologico: minidischi, telefoni cellulari, computer palmari sono all’ordine del giorno nella serie in un momento storico in cui erano bel lungi dal vedere la luce. Il teletrasporto, i viaggi più veloci della luce avanti e indietro nel tempo sono oggi oggetto di autentiche ricerche scientifiche. Insomma, Star Trek: La Serie Classica, in onda dal 1966 al 1969, segna la consacrazione di Gene Roddenberry.
Vi ricordate quando vi abbiamo invitati a partecipare ad un sondaggio curato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica?
Chi ha aderito al sondaggio (attualmente più di 150 persone) ha ricevuto una mail dove gli organizzatori ringraziano per la partecipazione e dove comunicano gli indirizzi per leggere i primi commenti/interviste degli esperti e i primi risultati.
“In base al vostro generoso contributo, abbiamo selezionato degli esperti per discutere insieme il nostro Futuro. Ogni giovedì, per tutta l’estate, vi terremo compagnia in un viaggio tra scienza, fantascienza, storia, filosofia, letteratura e tanto altro. Prima tappa con Marco Ciardi, storico della scienza. Trovate la sua intervista in questa pagina di EduINAF che raccoglierà anche le prossime (quindi tenetela d’occhio!) https://edu.inaf.it/destinazione-futuro/
Anche un paio di membri del direttivo dello STIC-AL hanno rilasciato un’intervista a due voci che sarà messa on line prossimamente. Tenete d’occhio ogni giovedì l’indirizzo indicato per scoprire chi sono e cosa hanno detto.
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