“No, io sono tuo padre”. Una carriera in una frase.
La celebre e straniante battuta de L’Impero colpisce ancora segna la paternità di un lungo percorso d’attore. Dietro la maschera di Dart Fener si nasconde la voce possente e pastosa di Massimo Foschi, capace di essere imponente e tremenda, ma anche di celare una possibilità di bene in un personaggio guidato dalla Forza del male. Voce, volto, corpo: attore assoluto, Foschi esalta l’equilibrio tra suono e presenza, dichiarandosi contrario alla categorizzazione degli interpreti. Non esistono attori di teatro, né doppiatori, ma professionisti che rispondono all’unica definizione possibile di “attore”. E la sua esperienza ne è un esempio. In teatro ha lavorato con Costa, Squarzina, Puggell, Cobelli, Gregoretti, Cruciani, e altri ancora. È stato Olando Furioso con Ronconi e ha messo in scena personaggi di Shakespeare sotto la guida di Strehler. Al cinema è stato diretto da Zeffirelli e Petri. Ha preso parte al doppiaggio di film di Visconti, di tutti i film di Kubrick da 2001: Odissea nello spazio in avanti. È stato la voce calda e baritonale di Gregory Peck, di Donald Sutherland in Hungher Games, di Max von Sydow, Burt Lancaster e altri, eppure il pubblico lo ferma per strada e lo chiama al telefono pur di tornare in quella “galassia tanto tanto lontana” e riascoltare il respiro di Dart Fener, con le sue frasi leggendarie che vanno oltre il tempo e lo spazio del cinema.
Il cinema tra palco e leggio
Massimo Foschi nasce a Forlì il 2 gennaio 1938. La sua passione per la recitazione passa attraverso l’amore per la poesia. A vent’anni frequenta l’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. L’esperienza in Accademia ne esalta le doti teatrali, dando inizio ad una costante carriera sui palchi della capitale e di Milano. Mentre il teatro ed il doppiaggio continuano a rappresentare il principale campo d’azione di Foschi, negli anni ’60 e ’70 la televisione lo adotta per diversi sceneggiati, considerati al tempo “pedagogici” per un pubblico ancora da “educare ed istruire”. La prima esperienza cinematografica significativa arriva con un ruolo minore ne Il medico della mutua (1968), mentre nel successivo e profetico film Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) affianca Gian Maria Volonté con un personaggio di maggior spessore in un’opera premiata con l’Oscar al miglior film straniero. In seguito veste due volte i panni sacri, prima nelle vesti di cardinale in Fratello sole, sorella luna (1972) di Zeffirelli, poi in quelle del frate in Giordano Bruno di Montaldo (1975). La seconda metà degli anni ’70, particolarmente prolifica, vede Foschi impegnato in Ultimo mondo cannibale (1977), Holocaust 2000 (1997) e in Nove ospiti per un delitto (1977). Il teatro torna a fondersi col cinema sia con Il principe Homburg (1984) sotto la regia di Lavia e con Otello (1986) , in cui Zeffirelli rispolvera la familiarità di Foschi con i testi shakespeariani. L’intenso rapporto con il cinema, al contrario del doppiaggio e del teatro, si interrompe nel corso degli anni ’90, per poi riprendere di recente con La città ideale (2012), convincente esordio alla regia di Luigi Lo Cascio e l’apocalittico Pandemia (2011), in cui recita assieme a suo figlio Marco, questa volta senza porre inquietanti dubbi sulla sua paternità.
E’ online la scheda di iscrizione alla Reunion XV che potete trovare qui
Commenti recenti