IL CANTO DI PICARD |
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I PADD sulla scrivania li aveva appena messi in ordine di importanza, ma più li guardava meno aveva voglia di leggerli. Appoggiò la schiena alla poltrona e, per una frazione di secondo, pensò di appoggiare i piedi sulla scrivania. Sorrise tra sé. Che strano pensiero, non era da lui. Gli occhi vagarono attraverso il suo ufficio e guardò fuori dalla finestra tutte quelle luci che passavano così veloci e lontane. Era strano andare verso una destinazione fissa e non poter soffermarsi qua e là spinti da... conoscenza? Curiosità? Dov'era finita la curiosità di gioventù? Dov'era finita la passione giovanile? Quanto tempo era che non si entusiasmava più per qualcosa ... quanto tempo aveva passato chino sul suo lavoro? Perso tra i suoi pensieri, fece un leggero sussulto quando il campanello trillò. “Avanti”, disse, riprendendo il filo dei suoi più formali pensieri. Data si accostò alla porta e con passo meccanico si apprestò alla scrivania. “Signore, le comunico che è atteso alla festa di Natale”. “Ah, sì. Dica che non sarò presente, ho molto lavoro da finire”. “D'accordo”, sussurrò appena Data. E per un momento sembrò esitare; al capitano non sfuggì quell'attesa così innaturale per Data: “Ha qualcosa da aggiungere, tenente?” “Sì signore, stavo pensando che ai presenti non farà piacere la sua assenza”. “In base a cosa sostiene questa tesi?” chiese Picard, ancora una volta stupito dall’amico. “Ho sviluppato nuovi sottolivelli del programma comportamentale. Ora analizzo e paragono diversi livelli di stress nella voce e nel comportamento umano, e un nuovo sottolivello analizza come le varie interazioni tra persone determinano un coefficiente adeguato al..”. “Venga al dunque”. “Signore... sì signore. Il tenente La Forge ha detto “Chiedi al capitano se viene così la festa può cominciare”, il signor Riker “Tanto non verrà”, “Verrà” dice La Forge, “Prima o poi verrà”, “Vedrete che non verrà” dice Riker. “Già non verrà” dice O'Brien “Perché no?” chiede La Forge “Perché non è mai venuto” dice O'Brien “Bhè questa volta...”. “È stato più che esauriente Data”. Il capitano si mise alla finestra guardando quelle stelle che prima lo avevano rapito. “Sono sicuro che capiranno. Dica loro che ...” esitò “... che mando i miei auguri”. Era evidente che non ammetteva repliche, così il tenente se ne andò lasciando Picard in un silenzio interrotto solo dal monotono sottofondo dei motori. Il capitano si rimise alla scrivania e si concentrò sui rapporti settimanali ma, quando ebbe letto la prima riga, il campanello trillò una volta ancora. Guinan entrò nello studio, il suo abito arancione era così morbido che sembrava che fluttuasse; il suo cappello così sproporzionato era fermamente ancorato alla sua testa ma quasi in bilico. Picard si stampò un sorriso di circostanza sul viso, ma già sapeva il motivo della visita della donna. “Guinan come mai a queste parti?”. “Suvvia, capitano, è possibile che tutti questi anni ancora ti stupisci di me? Ho appena visto andare via Data e...”, aggiunse sedendosi con tutta calma sulla sedia di fronte alla scrivania, “...sebbene non possa dire di conoscere le espressioni di Data, posso sicuramente conoscere lei, capitano, e la sua premura di festeggiare il Natale”. “Natale” sbuffò Picard. “Natale, Jean-Luc, il Natale. Posso sapere che male ti ha fatto?”. “Niente, Guinan, niente. solo che non capisco come ad una festa imposta possa essere così importante la mia partecipazione”. “Lei è il capitano della nave”, sussurrò Guinan. “lo sono anche durante i matrimoni, i funerali, i compleanni e tutte le feste comandate dalle varie culture che sono a bordo. Ha presente quante razze e quante culture differenti ci sono su questa astronave? Non si può veramente pensare che io possa presenziare a tutte”. “Nessuno pensa niente”, disse lei giocherellando con i PADD sul tavolo, “Solo credo che vista la sua cristianità e il fatto che lei santifica quasi tutte le feste, mi sembra alquanto strano che non partecipi proprio a questa festa”. “Il Natale è solo consumistico, una festa creata...”. “Ma”, disse lei alzando la mano in insegno di interruzione, “Mi sembra che lei recapiti regolarmente i regali ai suoi amici poco prima di Natale”. “Bhe” disse lui preso in contropiede “Certo, è perché loro...”. “Credo inoltre che lei si informi anche dei preparativi”, aggiunse lei, “E credo anche di aver sentito che bazzica la cucina chiedendo e informandosi su...”. “Va bene, va bene. Diciamo che mi piacciono i preparativi ma non mi piace la festa in se... questo sfarzo...”. “Oh! Strano! Intende lo stesso sfarzo che ha usato per far addobbare la sua camera? Mi sembra che l'albero fosse più o meno alto...”, aggiunse Guinan alzando di fronte a sé la mano come misurando un invisibile albero. “Va bene, va bene... ho afferrato il concetto”, disse Picard. “Diciamo che non mi piace presenziare a queste feste, sono... sono... una perdita di tempo. E quando si è capitano il tempo è una cosa preziosa!”, aggiunse. “Mmh...”, disse Guinan alzando le spalle. “Ma un po' dello spirito del Natale non lo sente?”. “Stasera sento il bisogno di un bel tè e di finire il mio lavoro, poi sentirò il bisogno di andare a dormire e di svegliarmi in un clima meno festoso e più lavorativo e consono alla missione che stiamo per intraprendere”, finì Picard andando verso il replicatore. Seguì un flebile suono e quindi tenendo saldamente la tazzina tornò alla scrivania. Picard prese un PADD e guardò Guinan. “C'è altro?”. “No, ma se per un motivo o per un altro cambiasse idea... la serata è lunga”, disse uscendo dallo studio. “Certo”, rispose lui senza convinzione. Bevve il suo tè caldo e forte, e si immerse nel suo lavoro alla fine del quale una stanchezza improvvisa gli cadde sulla spalle. Aveva lavorato molto, e gli occhi quasi si chiudevano dal sonno così si concesse qualche minuti per rilassarsi sul suo comodo divano bianco. Si appoggiò appena allo schienale quando avvertì un “puff” e un rumore di... catene? Di qualcuno che trascina catene? Il campanello suonò senza interruzione facendo alzare Picard di scatto, ma quasi si sentì mancare quando un uomo semitrasparente vestito di stracci con catene che lo avvolgevano su tutto il corpo aveva appena attraversato la parete a fianco della porta. Intorno alla vita una catena con centinaia di lucchetti attaccati a centinaia di PADD. Il fantasma si avvicinò all'esterrefatto Picard e fluttuando si scoprì il volto dalle bende mentre la mascella cadeva dal viso. “Q!”, urlò Picard. Q parlò senza che la bocca si muovesse e ne uscì una voce grave, gutturale, che faceva persino eco “Picaaard, questi”, e fece tintinnare i centinaia di piccoli PADD, “sono ciò che ti ha tolto il tempo di stare con gli altri e di diveeertirtiiii”. “Q, finiscila!”, urlò Picard, che andò alla scrivania e chiamò la sicurezza più volte, ma nessuno rispose, allora andò versò la porta ma era chiusa e tentò di bussare con forza. “Oh avanti Picard era divertente...”, disse con una voce più normale Q, e anche se l'aspetto non era cambiato per niente ma almeno la mandibola era al suo posto. “Che cosa vuoi?”, disse Picard cercando di stare più calmo che poteva. “Bè, ho sentito la conversazione con Guinan. E sebbene lei mi provochi sempre un po' di brividi mi ha incuriosito questa cosa... dimmi caro Picard, cosa ti è mai successo a Natale?”. Picard era quasi furioso: “Intanto ti spiace?”. Facendo segno al suo look ancora un po' truce. Q continuava a camminare e anzi i suoi movimenti diventarono ampi ed esagerati facendo tintinnare più rumorosamente i PADD. “Perché picardino mio non mi racconti quello che ti è accaduto?”. “Primo non mi è caduto niente e secondo ti dispiace?”, facendo ancora cenno alle catene. Ma Q non parve sentire, iniziando a dire il vero ad andare ancora più rumorosamente su giù per la stanza: “Allora ragioniamo: se te ne stai chiuso qua dentro mentre tutti i tuoi amici sono di là a divertirsi... sei... geloso? Invidioso?”. “Andiamo Q”, disse Picard. “Ok, un attimo...”, disse Q battendosi ripetutamente le dita sulle tempie. “Voi umani siete così strani... come ha detto Guinan? Fai i preparativi per il Natale ma poi non lo festeggi... che problema hai?”, disse mentre il suono del clang delle catene sovrastava quasi del tutto il suono delle sue parole. Nel frattempo i PADD appesi ai lucchetti scrivevano esattamente le parole di Q e ora erano fermi su una grosso punto di domanda. “Perché mi chiedo...”, diceva Q andando avanti e indietro. A Picard sembrava tutto così strano che non sapeva se ridere o arrabbiarsi, così decise di starsene tranquillo e attendere che Q emanasse il suo verdetto, ormai lo conosceva bene... inoltre, ora che si era calmato, gli ricordava qualcosa quella tetra rappresentazione. “Oh bè!”, disse fermandosi proprio di fronte a Picard, “sai che c'è? Ti mando qualcuno che ti aiuterà nel... ricordo”, e così dicendo, sorridendo, si dissolse. Picard fece appena in tempo ad alzarsi e girare attorno alla scrivania per chiedere aiuto quando un fantasma etereo bianco e circondato da una corona di luce e con un copricapo da pompiere del XX secolo tenuto sul fianco gli si avvicinò dalla porta. Come il Q precedente superò le sedie e fluttuò incurante di essere all'interno della scrivania e fa cenno a Picard di seguirlo. Picard si sedette sulla sedia, ora è tutto chiaro... “Dickens! Il Canto di Natale! Tu sei il fantasma dei Natali passati vero?”. Il fantasma fece cenno positivo. “Q”, urlò Picard, “guarda che non è necessario!”. Ma, come nel teletrasporto, in un attimo Picard passò dal suo studio sull'Enterprise a... al suo studio sull'Enterprise. I PADD erano sempre lì e anche lui era lì ma... si stava guardando allo specchio! L'altro Picard era chino sui PADD e lavorava. Suonò il campanello e, come in un déjà vu, entrò Deanna, che gli chiese se veniva alla festa del Natale. L'altro Picard rispose di no, grazie, ed ecco che erano già in un'altra scena. Picard, in piedi, leggeva un PADD e confrontava dati; arrivò Riker che chiese se voleva andare alla feste di Natale, e lui “No, grazie” e via discorrendo per quattro o cinque volte... “Oh ma che noia!”, esclamò il fantasma, che nel frattempo si era mostrato per quello che era: Q, ovviamente. Un Q traslucido, evanescente seduto in alto fuori dalla visuale su qualcosa che solo lui vedeva. Teneva le gambe incrociate e una mano trasparente sotto il mento mentre era il casco appoggiato al fluttuante nulla. “Va avanti tanto questa storia, Q?” “Che mortalmente noioso sei mon capitain”. Ed eccoli in un'altra stanza, sempre un ufficio ma molto differente. Il Picard di quell'ufficio era più giovane, ma ugualmente intento a sistemare appunti e controllare numeri. Suonò il campanello ed entrò un uomo, moro, alto con una divisa da ingegnere. “Capitano aspettiamo lei per la festa di Natale”. Il Picard alla scrivania era attento e concentrato e sembrò che l'arrivo del ragazzo l'avesse disturbato parecchio. “No, grazie”, asserì senza alzare lo sguardo, “come ho già detto in diverse occasioni questo tipo di festa non mi interessa” “Ma, capitano” balbettò l'ingegnere. “Niente ma” interruppe il capitano “può andare”. “Oh, mond Dieu! Capitano sei la persona più noiosa che conosca!”, e aggiunse: “ Saresti un ottimo Q!”. L'ambiente cambiò di nuovo, una stanza spoglia: un letto, un armadio e una scrivania sulla quale un ragazzo un po' stempiato stava studiando. Bussarono alla porta, infastidito andò ad aprire e si trovò di fronte a barcollante ragazzo con festoni attorcigliati al collo e un cappello da babbo natale sulla a testa. Il cadetto ubriaco invitò il giovane Jean Luc alla festa di Natale e anche lì uno scocciato futuro capitano negò sbattendo la porta. Dal corridoio arrivò un “non sciai che fescta ti sctai perdendo... ”. E via di seguito la scena mutò leggermente, il cadetto sempre meno stempiato veniva invitato alle feste ma a nessuno degli inviti il egli voleva partecipare. Gli anni si susseguirono così velocemente che Picard non faceva nemmeno in tempo a ricordare i volti delle persone che entravano in quelle stanze. E indietro e indietro ancora, ed eccoli a casa presso il vigneto con mamma e papà durante un natale addobbato ma triste. Un padre e una madre che mal volevano festeggiare e due fratelli che, pur di non stare in casa, preferivano lavorare la terra. “Ma allora è un vizio di famiglia!”, disse un sempre più annoiato Q che spostava gli anni indietro con un annoiato schiocco di dita. E indietro e indietro. “Q, piantala! Non sono Scrooge e non ho alcun fantasma. Non lo vedi? Non l'abbiamo mai festeggiato!”. “Non mi convinci mon capitain”, disse Q continuando a schioccare le dita con una velocità maggiore e a ogni schiocco i due ragazzi diminuivano di altezza, i genitori diventavano più giovani ma le espressioni non cambiavano e la casa, seppur addobbata, non era per niente festosa. Finché la velocità di cambiamento diminuì e si fermò in una bella serata. Casa Picard era come se la ricordava; profumo di legno ovunque con quel calore che solo il camino può sprigionare, il maestoso albero di natale che un bambino e una graziosa signora stanno addobbando e la tranquilla felicità sui loro volti. Sua madre era più giovane di quanto se l'era mai ricordata: bionda, con un morbido e lungo abito color verde e due tasche grandi che contenevano, ne era certo, un fazzoletto profumato e delle caramelle. Il suo sorriso nel guardare i bambini era così puro e bello che quasi le sembrava irreale. I due figli staccavano le decorazioni alla cannella mentre lei preparava la cena mentre papà leggeva davanti al camino, dicendo ai bambini di stare tranquilli anche se li guardava e sorrideva della loro allegria e spensieratezza. “Finalmente un quadretto commovente”, disse Q. Picard non rispose, anche se irritato non riusciva a staccarsi dalla scena che aveva davanti. Suo fratello e i suoi genitori, il calore del camino, l'allegria della gioventù. Non si ricordava di quella giornata, in effetti non si ricordava nemmeno di aver mai passato un così bel Natale. Il campanello suonò, sua madre posò il tacchino grande e succulente sulla tavola. “Finalmente!”, suo padre si alzò dalla poltrona e andò ad aprire. Jean-Luc quella scena se la ricordò subito; al di là della porta non c'erano i suoi zii con i suoi cuginetti ma un agente che togliendosi il cappello avvertiva che quella famiglia al completo non avrebbe mai più festeggiato il natale con loro. Jean-Luc e suo fratello Robert continuarono mestamente a giocare mentre sua madre già piangeva la morte della sorella. Il padre venne da loro e li sgridò brutalmente. Il futuro capitano non poteva capire la morte, ma capì da allora che il Natale non sarebbe mai più stato lo stesso. “È per questo che non ti piace il Natale, Jean-Luc?” chiese Q fluttuando a fianco del capitano. “Mia madre piangeva sempre durante il Natale. E quando si avvicinavano le giornate di festa lei era già triste, addobbava la casa, faceva il tacchino e si vestiva a festa ma stava in silenzio e con le lacrime pronte sul viso. Non ho mai più amato festeggiare il Natale. Non ho più osato...”, disse tra sé. “Ohhh”, disse Q, “come fa tanto Deanna Troi questo momento...”, e schioccando le dita gli apparvero dei lunghi capelli neri e la veste che prima era lunga ora era corta e simile a una divisa da dove si potevano vedere delle gambe maschili. Picard lo ignorò perché non poteva che guardare il piccolo Jean-Luc che giocava con un addobbo di Natale, conscio che quella era già la fine di un'epoca, la fine di una serie di belle giornate. “Va bene, ora sei pronto per continuare la storia” disse un trasparente Q/Deanna e allo schiocco di dita riapparve nel suo rassicurante studio. Picard si risedette sul suo divano bianco ripensando alle immagini che aveva appena visto. Era conscio che prima di allora non aveva mai affrontato il problema perché non credeva fosse un problema... credeva fosse così da sempre, ma evidentemente si sbagliava. Il suo era stato un comportamento dettato dai genitori; non era lui che odiava il Natale ma erano loro, ed il bambino non ha potuto far altro che crescere in quella convinzione tanto d'averlo addirittura rimosso. Rimase qualche minuto ad affrontare i suoi scheletri quando si accorse di essere di nuovo libero da Q così si alzò e tentò di uscire dalla porta, ma ancora una volta risultò bloccata. Tento anche di chiamare la sicurezza, Riker o chiunque lo stesse ascoltando ma non ci fu risposta; nemmeno il computer funzionava. Sedendosi si rese conto di essere bloccato dall'interno di un macabro scherzo di Q e null'altro poteva fare se non attendere la prossima puntata di cui già conosceva il titolo. Q non mancò di arrivare sempre sotto forma di fantasma e sempre attraverso la porta d'entrata ma era talmente grosso che quasi la totalità delle gambe e metà delle braccia erano al di fuori della stanza stessa. Picard sollevò la testa, guardò quell'immensità: “Non ti sembra di esagerare? Il fantasma del Natale presente era grosso ma non così esagerato”. Con un “puff”, un ridimensionato Q fluttuava nella sala. Sembrava un enorme Babbo Natale, ma né rosso né simpatico. “Picaaaard” iniziò Q con una voce bassa e tremolante: “ooora tu vedrai coooome...”. “Sì”, disse un Picard spazientito, “sì, andiamo, facciamola finita con questa storia” e in un attimo era alla festa di natale alla quale era mancato. Riker, Deanna ridevano gioiosi, O'Brien e Keiko ballavano abbracciati, Worf se ne stava con l'amico La Forge a un tavolo, qualcuno gli aveva messo una decorazione appesa al collo. “Ancora non capisco perché dovrei divertirmi”. “Oh andiamo Worf, ormai dovresti conoscere il Natale! A noi piace e poi è un modo per stare insieme”. “Sì, sì”, disse un poco convinto Worf che continuava a sorseggiare con altrettanta poca convinzione un po' di champagne. Il bar della nave era chiassosamente pieno, molte persone ballavano, alcune si scambiavano i regali ridacchiando e scartandoli come bambini. Guinan al bancone con enorme cappello rosso sorrideva sorniona versando a tutti da bere. Picard osservò la scena all'inizio con distacco ma, via via che riconosceva le persone e sentiva i discorsi, con sempre più interesse. La scena cambiò e ora era in sala macchine. Due ingegneri, seppur lavorando, stavano bevendo e festeggiando allegramente. “Cosa ci faccio qua?” Chiese Picard. “Devo farti vedere che ovunque all'interno della tua nave si festeggia...”, e la scena cambiò ancora e ancora e ovunque Q lo portasse era un turbinio di persone che festeggiavano e sorridevano. Certo, c'erano razze e popoli che il Natale non lo festeggiavano tuttavia anche chi non sentiva questa come una propria festa era almeno di buon umore. L'equipaggio intero sembrava essere divertito da questo andirivieni di finti cappelli di natale, di campanelli di renne e di finta neve che ovunque sembrava essersi posata su una nave generalmente troppo grigia. Da molti alloggi arrivavano note di canzoni natalizie e al di fuori di questi addobbi colorati spuntavano un po' ovunque segnale che un Babbo Natale doveva passare da quelle parti. Infatti un Barclay impacciato ma di rosso travestito spuntò fuori da l suo alloggio. Teneva un sacco di grandi dimensioni in una mano e un PADD nell'altra mano ma quest'ultimo non ne voleva sapere di dare indicazioni su chi doveva ricevere cose e Barclay già iniziava a trasudare nervosismo. “È toccato a lui quest'anno”, rise tra sé Picard. E ancora una volta si ritrovò nel bar di prora... “Ehi fantasma del presente!” disse Picard “guarda che mi hai già portato qua!”. “Lo so”, rispose Q, “è che questo ancora non l'hai visto...”. Picard osservò meglio la scena, che non sembrava molto cambiata dalla prima; tutti i componenti della festa stavano festeggiando, chi rideva, chi ballava... Alla porta però era appena arrivato Data che si diresse verso il gruppetto di amici. “Allora Data? No, mi faccia indovinare!”, disse La Forge. Data che stava per parlare rimase con la bocca aperta e la richiuse di scatto. “Picard non viene perché: ha molto da fare”, e dicendo questo alzò entrambe le dita a formare le virgolette. Data rimase un attimo in attesa quindi aggiunse: “Sì, Geordi, il capitano non può venire perché: ha molto da fare”, e così dicendo ripeté il gesto appena fatto dal tenente cosa che, ovviamente, fece tutti ridere di gusto. “Ci abbiamo provato tutti” aggiunse Deanna”, ma nessuno è mai riuscito a portarlo alla festa”. “Sì però quest'anno nessuno ha voluto scommettere su Data”, disse ridendo Riker. “Si scommetteva?”. “Certo Data, ma nessuno ha voluto scommettere sulle tue abilità... di persuasore...”. Risero tutti di quella battuta e Riker disse rivolgendosi a Deanna: “Non hai mai approfondito il motivo per il quale non viene durante il Natale?”. “Gliel'ho chiesto più volte ma non hai voluto parlarne, credo addirittura che l'abbia rimosso ed anche se sento molta angoscia di più non so dire”. “Non importa”, disse Geordi, “prima o poi riuscirò a portarlo a un festa”. “No, non ce la farai” aggiunse Worf “e non vedo tutta questa necessità. Se non gli piace perché insistere?”. “Non è una questione di piacere o meno, Worf, è che è Natale ed è solo una festa. Fa i regali, addobba le sale ma non viene alle feste. Non è coerente e non è giusto, gli piacciono le feste in generale, gli piace stare con noi perché non viene a questa festa?”. “È comunque deciso”, disse Riker, “cercheremo a ogni Natale di persuaderlo finché non festeggerà come si deve”. Il gruppo concordò e riprese a chiacchierare come prima. “Ho capito. Possiamo andare ora?”, ammise il capitano a un Q che fluttuava di proposito attraverso le persone. Ora che era finalmente trasparente avrebbe voluto essere visto a quella festa, invece eccolo di nuovo nel silenzio del suo ufficio. “E ora? Andremo a vedere il mio funerale?”, chiese, ma Q non rispose e se ne andò attraverso la porta così come era arrivato. Il capitano, si sedette sulla sua sedia e guardò i PADD sparsi sulla scrivania. Quanto tempo perso lontano dagli amici? E dai famigliari? Erano così importanti tutto questo lavoro? Era davvero tutto così urgente? Per un attimo pensò che però lui era il capitano e, sì, le decisioni da prendere erano davvero difficili e davvero importanti. A volte le sue decisioni mettevano in repentaglio la vita di altre persone, persino proprio dei suoi amici. Oppure si stava solo nascondendo? Pensò alla festa e alla possibilità di essere lì con loro cullandosi nell'idea di poter trascorrere del tempo in compagnia dei suoi amici. All'improvviso una forte scossa fece sussultare Picard che era preso nei suoi pensieri. Una figura altissima, vestita di un nero mantello attraversò la porta come i suoi due precedenti. Il viso era coperto da un cappuccio e nulla traspariva se non una mano che sporgeva da una manica. Un Picard passivamente scocciato si alzò e si mise in piedi di fronte all'alto fantasma e in un turbinio di tempo si ritrovò in un campo. “Siamo arrivati al mio funerale?” Chiese Picard camminando nel campo verde. Si sarebbe aspettato una giornata uggiosa, un po' di nebbia, un filo di teatralità nella situazione, invece il campo era verde e il sole accecante, faceva freddo, sì, ma il sole riscaldava a sufficienza. Un gruppetto di persone stava parlando attorno a una tomba, erano tanti e allegri. “Forse troppo allegri per essere a un funerale”, pensò lui. Il grande fantasma si mosse in quella direzione e indicò con la grande mano la tomba. Picard sapeva bene chi c'era sotto, ma quello che più lo interessava in quel momento erano le persone che, a quanto pare sembrano divertite. “Sono felici che sono morto?”, pensò quasi intimorito. Si avvicinò incuriosito e spavento, quando si accorse che chi stava ridendo e parlando erano i suoi più fidati amici. Riker, Geordi, Worf e Deanna, e ancora O'Brien con Keiko, Crusher e tanti, tanti altri che sorridevano e scherzavano. Alcuni indossavano un cappello da babbo natale e stelle di Natale erano sulla tomba dell'ex capitano e molti festoni natalizi erano stati sparsi attorno alla bara. Qualcuno aveva portato un suo ritratto olografico da cui lui stava parlando, ma gli avevano tolto il volume così che lui dal passato lui poteva solo sorridere e muovere le labbra. “Stanno festeggiando cosa?”, chiese Picard guardando il fantasma che, in quel momento, stava cercando di cacciarsi in testa un cappello da babbo natale. “Natale? Festeggiano il Natale sulla mia tomba?”. Si avvicinò ancora, appena in tempo per sentire Riker che chiamava il brindisi: “Al Capitano Picard, che non amava il Natale: Auguri!”. E un “Auguri” arrivò dal coro di voci. “Cos'è, uno scherzo?”, chiese Picard fissandoli. Ma in un attimo si ritrovò di nuovo nel suo studio, seduto sul suo divano e, davanti a lui, seduto alla scrivania, il fantasma che tamburellava le dita della mano sul tavolo. Picard si alzò quasi di scatto: “E così abbiamo finito? E cos'era quella messa in scena? Cos'è, i miei amici poi prenderanno in giro il fatto che non mi piace il Natale? Mi prenderanno in giro per il resto dell'eternità?” Il fantasma, alquanto spazientito, tirò fuori dalla manica un enorme cappello rotondo che a malapena poteva stare sulla testa, se lo posò in bilico sulla testa e la voce di Q uscì dal cappuccio. “Ancora non hai capito mon capitain? I tuoi amici continuano a festeggiare il Natale con te nonostante te” “Nonostante me?”. “Oh Jean Luc a volte sai essere così cocciuto”, e dicendo questo il suo cappello cambiò colore, diventando di un rosso acceso, come quello che indossava Guinan al bar di prora quella sera. “I tuoi amici ti aspetteranno a questa famosa festa e caparbiamente festeggeranno con te anche quando tu non ci sarai. Che tu ci sia o NON ci sia loro festeggeranno comunque CON te”. Picard rimase immobile, per un attimo guardò i PADD impilati e si accorse di quanto si stava perdendo per una cosa successa tantissimi anni fa di cui nemmeno aveva più memoria. Il fantasma uscì dalla stanza e Picard si sedette automaticamente sul divano poi cambiò idea e si rialzò immediatamente per dirigersi verso il bar di prora, ma invece puntò su un altro ponte. Prese l'ascensore e nella frazione di tempo che pensò a quello che voleva fare già rideva se pensava alle facce dei suoi amici. Quando si aprirono le porte del bar di prora ci fu un enorme applauso, Babbo Natale aveva appena fatto il suo ingresso ed elargiva il suo “OH OH OH” per tutta risposta. Salutava e rideva mentre tirava fuori dall'enorme sacco rosso i regali, dava sorrisi e pacchi sulle spalle e a un certo punto si diresse verso Riker, gli si portò proprio di fronte e gli disse: “Buon Natale!” e così facendo lo abbracciò. Deanna e gli altri risero e Riker disse: “Barclay ti ringraziamo ma non dovevi essere sui ponti a dare regali ai bambini?”. E per tutta risposta Babbo Natale gioì: “Buon Natale!”. Riker cambiò espressione: “Capitano?”. “Buon Natale, capitano” disse Guinan che era appena arrivata al gruppetto “Capitano, cosa… ?” cercò di capire Riker. “Non mi aveva invitato tempo fa'?” chiese Jean-Luc. Guinan prese a ridere di gusto: “Buon Natale, capitano”. “Buon Natale, e Buon Natale a tutti”, disse il capitano agli stupiti presenti, e allo stupito Riker aggiunse: “Peccato che non abbia scommesso su Data. Oh oh oh... Buon Natale!”.
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Maat Balde Starbase |