L' INNO DEGLI INGEGNERI ALEA

Nonostante l’ora tarda ed il turno di notte già in servizio da più di tre ore, quella notte il comandante non sembrava avere nessuna speranza di riuscire a prendere sonno. Negli ultimi giorni era accaduto abbastanza spesso, ma mai così: continuava a tormentarsi cambiando posizione, cercando di rilassarsi e sperando che il torpore prendesse il sopravvento sulla sua mente, ma tutto sembrava vano.

Esasperato, decise di alzarsi e recarsi in sala macchine: continuare ad avere quegli schemi davanti agli occhi chiusi non serviva a niente, ma forse, se si fosse deciso a testare quel cambiamento di configurazione...


Mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, un fremito gli corse lungo la schiena: era sempre così quando vedeva i suoi uomini aggirarsi, silenziosi come spettri, attorno al nucleo a curvatura ed i condotti del plasma che li illuminavano, a tratti, più delle dimezzate luci notturne. Tutti loro, inconsciamente, si muovevano silenziosamente, quasi irreali in quell’atmosfera notturna, pur consapevoli che nessuno, nelle vicinanze, poteva essere disturbato dalla loro attività.

- Comandante, c’è qualcosa che non va? - il tenente O’Reily, responsabile del turno di notte, lo aveva immediatamente notato e si era avvicinato per capire come mai il suo superiore, fuori servizio, si era presentato; l’ingegnere sorrise dentro di sé: per quanto si trattasse di un ufficiale con una certa esperienza, il tenente sembrava sempre un cadetto che teme l’ispezione di un istruttore.

- Niente che non vada, Tom, voglio solo lavorare a quelle modifiche che ho in ballo sugli iniettori del plasma. Fai pure conto che io non ci sia. -

Ciò detto, si avvicinò al tavolo dove aveva lasciato, quasi quattro ore prima, il padd su cui stava lavorando.


- Come mi è venuto in mente di parlarne al capitano? Perché gli ho accennato al progetto? E’ un ufficiale della sezione comando: ora si aspetta che noi ingegneri facciamo il miracolo... tutti uguali: ragionano come ragazzini! - continuare ad esaminare gli schemi e le simulazioni che aveva fatto non lo stava portando da nessuna parte: era già quasi un’ora che sedeva a quella postazione e, se ne rendeva conto solo ora, non aveva notato che qualcuno aveva cominciato a canticchiare.

Era un motivetto allegro, qualcosa che anche lui conosceva e, posando il padd, si perse a rincorrere il ricordo di quando l’aveva sentito la prima volta, ai tempi dell’Accademia. Ricordava perfettamente che gli aspiranti ingegneri ne avevano fatto una specie di inno della loro sezione già qualche anno prima che lui arrivasse e, di anno in anno, le parti più disparate del testo venivano modificate, da allievi dall’inaspettato talento canoro, diventando lo sconveniente resoconto di mirabili gesta amatorie di cui erano protagonisti componenti elettroniche e strumenti di lavoro. Questa forma di umorismo, ovviamente, non rendeva particolarmente popolari al di fuori della propria sezione, ma tra i propri compagni di corso...

Entro pochi secondi, nell’ampio vano su più ponti, un coretto si era formato ed un marinaio, particolarmente ispirato, aveva cominciato a tamburellare con un’imperchiave su una paratia dando un accompagnamento strumentale al tutto.

Il comandante si sorprese a sorridere mentre, rigenerato da quell’atmosfera goliardica venuta fuori dal nulla, si alzava, andando verso la stanza dove erano stivati gli iniettori del plasma di scorta.

Con la coda dell’occhio, ebbe modo di notare che un paio di marinai lo seguivano con lo sguardo, a metà tra l’allibito ed il divertito, ma avendo notato che anche lui si era unito al coro, dovevano aver concluso che non serviva ammutolirsi.

Aperta la porta della stanza di servizio, collegata all’area principale, si sorprese nel sentire alle sue spalle la voce di O’Reily: - Signore, la posso aiutare in qualche modo? -

- Tom, ti ho già detto di ignorarmi: goditi la canzone e non badare a me... - rispose, ridendo, senza neppure voltarsi e cominciando a cercare quello che gli serviva; trovatone uno soltanto, e percependo ancora su di sé lo guardo del tenente, riprese - Ripensandoci, una cortesia me la potresti fare: dove sono gli altri iniettori? -

- Veramente, signore, quello... è tutta la scorta che ci è rimasta. - quindi, quasi per giustificarsi - C’era una nota di servizio, in proposito, la settimana scorsa. -

- Quella nota di servizio, certo: l’ho anche compilata io... come ho fatto scordarmene? -

- E quelli che erano in riparazione? Avevo dato disposizioni affinché venissero ripristinati, no? -

- Certo signore, ma sa bene quanto ci può volere. - il comandante lo sapeva fin troppo bene, avendolo fatto lui per primo in passato - La squadra di Ramirez ha quasi finito di lavorare sui primi due, ma ci vorranno almeno altre tre ore. -

Perplesso, senza aggiungere altro, l’ufficiale si avvicinò al tavolo da lavoro tenendo in braccio quel suo unico iniettore, lasciando il suo sottoposto a fissarlo interdetto più che mai.


La canzone continuava sommessa ormai da quasi dieci minuti, e dallo stesso tempo il comandante aveva in mano un regolatore di fase mentre fissava, dubbioso, l’iniettore che, steso su quel tavolo, sembrava un paziente da operare.

- Che cosa me ne faccio di te? Sei da solo... potrei anche modificarti e metterti in servizio, tanto le regolazioni dovrebbero essere reversibili e non troppo pericolose, ma come potrei testarti? Potrei giusto verificare se il plasma fluisce bene... come se servisse, visto che quello me lo dicono anche le simulazioni. Potrei verificare la variazione di fase e sperare che sia quella pianificata, ma il plasma così condizionato, poi, potrebbe alimentare bene le bobine di curvatura? -

- Tom, ma che ha il comandate? -

- Non ne ho idea, Miguel, ma fossi in te, farei trottare i tuoi: visto come fissa dell’iniettore, quei due su cui state lavorando potrebbero servirgli molto alla svelta. -

- Rodriguez, O’Reily! - il richiamo del capo ingegnere fece perdere una battuta al coro: ci fu un attimo di esitazione, come se stessero valutando se continuare o fermarsi. Alla fine, in un tacito scambio di battute durato il tempo di un battito di ciglia, ebbe la meglio il silenzio: tutti erano con l’orecchio teso, cercando di capire che cosa stava succedendo.

I due si avvicinarono rapidamente al loro capo, che gli rivolse, a bruciapelo, una domanda quantomeno inaspettata: - Che cosa dice il ritornello del nostro “inno” di ingegneri? -

I due sottoposti si fissarono perplessi, quindi, con una sola voce, risposero. - “Facciamo l’impossibile e, se necessario, anche i miracoli!” -

Il comandante sorrise: la risposta era più che ovvia, così come era stato ovvio, fin da quando aveva lasciato il suo alloggio, che sarebbe arrivato a quella conclusione.

- Bene, allora avvertite tutti quelli che non sono di sorveglianza al nucleo: questa notte facciamo un miracolo! - sorrise accarezzando con lo sguardo il suo “paziente” su cui non aveva operato - Avvertite la plancia: usciamo di curvatura per delle regolazioni sugli iniettori del plasma. - quindi, prendendo dal tavolo il padd su cui aveva tanto lavorato ed allungandolo a loro, aggiunse - Deviate il flusso sugli iniettori uno e due; regolate gli altri iniettori secondo queste specifiche, quindi passiamo il plasma agli iniettori tre e quattro mentre regoliamo gli altri due. Solo quando saranno tutti in questa nuova configurazione potremo attivare nuovamente la velocità di curvatura. - fece per dare il buon esempio avviandosi al lavoro lui per primo, ma fermatosi a metà del primo passo, rise mentre ordinava a gran voce - E ricominciate a cantare! -


Un’ora più tardi, mentre la sala macchine risuonava tutta di quel canto tanto fuori dai regolamenti della flotta, il capitano, che si stava ancora finendo di sistemare l’uniforme, fece il suo ingresso di gran carriera puntando sul capo ingegnere. A metà del suo percorso, qualcuno lo notò e la canzone si spense nel nulla, attirando così l’attenzione del responsabile della sezione.

- Buongiorno capitano... Ma non è ancora giorno! Che ci fai già in piedi? Phlox potrebbe ordinarti di tornare a dormire, se ti trovasse in giro... -

- “Che ci fac...”? Secondo te? Mi alzo nel cuore della notte e trovo che, invece che a curvatura cinque punto zero, come avevo ordinato, stiamo viaggiando a metà impulso, ecco cosa ci faccio qui! -

Il comandante Tucker rise tra sé e sé vedendo l’atteggiamento del capitano Archer, quindi, con estrema calma e ritornando ad armeggiare attorno all’iniettore numero due, rispose : - Capitano, sbaglio o quando ti ho detto che avevo in mente una regolazione degli iniettori che poteva farci aumentare di zero punto uno la velocità massima hai detto che, appena possibile, dovevo renderla operativa? -

Il capitano lo fissò perplesso: sentiva odore di domanda trabocchetto - Sì... l’ho detto... -

- Ed io, ed i miei uomini, siamo qui al lavoro per rendere operativa la modifica. Ecco quanto. -

- D’accordo, ma il nostro arrivo su Alpha Centauri per l’incontro con il governo locale... - a quell’ennesima rimostranza, il comandante si tornò a voltare verso il capitano.

- Se la modifica funziona, saremo puntualissimi... e se Travis fa una delle sue solite magie, potremmo riuscire anche ad arrivare in anticipo. Se poi la modifica non funziona... beh, allora il ritardo sarà nell’ordine delle due ore. Non credo che il consiglio della colonia la prenderà come un’offesa mortale... -

- Ma... -

- Capitano, quante volte ho fatto qualcosa di pericoloso per i miei moto... - si fermò cogliendo lo sguardo del suo interlocutore - Quante volte ho fatto qualcosa di pericoloso per la tua na... - ancora quello sguardo accusatore - Ok, quante volte ho fatto saltare in aria questo gioiellino? - chiese infine, con sollevata esultanza per aver trovato una domanda la cui risposta non poteva essere pericolosa.

- E sia, Trip, ma mi dovrai una spiegazione più tardi a pranzo. - la capitolazione tanto veloce dell’ufficiale colse alla sprovvista l’ingegnere.

- Ancora? Che cosa devo spiegarti di più, capitano? -

- Da dove viene quella canzone! - disse, voltandosi ed avviandosi verso la porta dell’ingegneria, ridendo di gusto e seguito dalle risate del comandante e di tutti gli ingegneri in sala macchine.

       Base Stellare Alea